15 gennaio 2009

dal DIARIO DA HIROSHIMA di Michihiko Hachiya.



“A Hiroshima i volti che si disfanno, la sete dei ciechi.
Denti bianchi sporgenti in un volto sparito.
Vie bordate di cadaveri: su una bicicletta un morto.
Stagni colmi di morti.
Un medico con quaranta ferite.
Siete vivo ? Siete vivo ?
Quante volte deve udirlo….
Di notte come unica luce i fuochi della città, cadaveri che bruciano. Odore come di sardine che bruciano.
Quando accadde, la prima cosa che d’improvviso notò su di sé: era completamente nudo.
Il silenzio, tutte le figure si muovono senza rumore, come in un film muto.
Le visite ai malati nell’ospedale: primi resoconti di ciò che è stato, l’annientamento di Hiroshima…”

Elias Canetti, ne LA COSCIENZA DELLE PAROLE cita queste parole del “IL DIARIO DA HIROSHIMA DEL DOTTOR HACHIYA".

Chi è il dottor Michihiko Hachiya?
Un medico.
Un medico testimone sopravvissuto il 6 agosto 1945.
Il 6 agosto 1945 fu sganciata la prima bomba atomica sul Giappone.
La città di Hiroshima sperimentò, per la prima volta, tanta distruttiva potenza.
E' come se le forze della natura, al comando della mano impazzita dell'uomo, si fossero rivolte contro il proprio padrone.

Erano le prime ore di una bella giornata tranquilla e calda. Le foglie degli alberi riflettevano la luce del sole che splendeva in un cielo terso e, per contrasto, appariva più fresco d'ombre il mio giardino, che io guardavo distratamente dalla porta che dava a sud, i cui battenti erano spalancati.
Indossavo solo mutande emaliettae stavo disteso sul pavimento della stanza di soggiorno, per riosarmi da una notte di veglia all'ospedale, dove ero stato di guardia come addetto alla protezione antiaerea.
All'improvviso fui abbagliato da un lampo di luce, seguito immediatamente da un altro. A volte, di un evento, si ricordano i più minuti particolari: rammento perdettamente che una lanterna di pietra nel giardino si illuminò di una luce vivida, e io mi chiesi se fosse prodotta da una vampa di magnesio, o non piuttosto dalle scintille di un tram di passaggio.
Le ombre del giardino parirono. La scena, che un istante prima mi era apparsa così luminosa e gaia di sole, si oscurò, gli oggetti si fecero indistinti. Fra i nembi di polvere riuscivo a a stento a distinguere una cologna di legno che era servita di sostegno a un angolo della casa. Ora la colonna era contorta e il tetto pareva in procinto di rovinare...

Comincia con queste parole il Diario del dottor Hachiya.
Non ho mai avuto il coraggio di andare oltre le prime cinquanta pagine.
Non ci sono descrizioni, fin lì, che possono dare un fastidio particolare. Naturalmente, tenuto conto dell'argomento di cui si tratta.
Mi ha riempito di angoscia l'immaginazione di quello che era successo. Il racconto di quello che era successo non può essere sostenuto da un povero uomo come me.
Il peso di tanto dolore. Non posso sostenerlo fino in fondo.
I mio pudore di uomo, la mia dignità, il riserbo, mi dovrebbero trattenere dal guardare l'oscena nudità in cui è venuto a trovarsi lo Spirito, il 6 agosto del 1945.
Ho letto, e riletto, la COSCIENZA DELLE PAROLE.
Attraverso le parole di Canetti, il suo sommesso ed umile racconto, mi sono permesso di entrare in quell'orrido inferno.

... dice Canetti: ...il quarantoneviso giorno dopo la sventura ha luogo una giornata di commemorazione dei morti. In bicicletta egli (il dottor Haciya) si reca in città e visita ogni luogo che è consacrato ai morti, dai suoi morti e anche da quelli di cui ha sentito parlare.
Chiude gli occi per vedere una vicina che è perita, ed ella gli appare. Non appena riapre gli occi l'immagine svanisce; li richiude, e riappare. Egli si apre l via fra i resti della città e non si può dire che girovaghi a caso, poichè sa bene quel che cerca, e lo trova: i luoghi dei morti. Non si risparmia nulla. Si figura tutto. Dice d'aver pregato per ognuno. Mi chiedo se nelle città d'Europa ci furono uomini che andarono frugando tra le rovine lla ricerca dei luoghi dei morti, e in questo modo, avendo negli occhi le sembianze nitide dei defunti, pregando per loro, non solo per la propria famiglia, ma per i vicini, per gli amici, i conoscenti, e perfino per i morti mai incontrati, di cui soltanto era stata narrata la loro morte. Ho esitato prima di usare la parola "pregare" a proposito di ciò che fece Haciya quel giorno, ma questa parola la usa egli stesso e non solo in questa circostanza si definisce un buddhista.

Dobbiamo molto a uomini come Canetti, che hanno la forza, il coraggio, la coscienza, tanto elevati da farci vedere con la chiarezza delle parole semplici, con immagini familiari, cosa è, in realtà la profondità dell'animo umano. E sono capaci, uomini così, di farci percepire come essere senza fondo l'abisso in cui si precipitano gli esseri umani quando danno alle fiamma la propria anima.

http://www.city.hiroshima.jp/e/index-E.html

Un altro uomo così è Sebald. Ma di lui parlerò un'altra volta..........

3 commenti:

Paola Tassinari ha detto...

Ho letto in IV elementare IL GRAN SOLE DI HIROSHIMA, mi ricordo che quello che leggevo mi pareva tanto, tanto assurdo e non riusvivo a capire come chi aveva sganciato quell' orrore potesse poi portare tutti quegli aiuti, non riuscivo a capire come chi era stato tanto inumano poteva sembrare anche umano e come il Giappone accettò il loro aiuto.Non ho più letto niente di altro su Hiroscima è come se volessi cancellare , mi fa troppo male pensare a ciò che siamo capaci di fare, con le nostre mani così belle, cosa siamo in grado di fare , ieri qualcuno mi ha detto.......i matti sono pazzi ed i sani fanno la guerra.

pierperrone ha detto...

Ha ragione quello che ti ha detto così.
I matti sono pazzi mentre i sani fanno la guerra...

La pazzia è dappertutto.

A me hanno detto (una docente, una psicologa, in un corso di formazione): dentro l'uomo c'è tutto. Tutto il Bene, il Genio. La Bellezza. Dio. E tutto il Male. La guerra, la violenza, il buio. Il Nulla.

L'uomo...

Paola Tassinari ha detto...

Sai ho aderito su facebook ad una petizione contro il busto di Arrigo Boldrini ( comandante partigiano dal passato non limpido)che dopo la sua morte è stato messo in Comune a Ravenna.Dopo aver riletto la canzone di Faber che tu hai messo nel sito del poeta belga, non ho potuto farne a meno, le istituzioni hanno il dovere di ricordare ( come dici tu ....basta agli eroi)le persone che possono dare un esempio di PACE. BASTA BATSA BATSA GUERRE BASTA.