16 marzo 2009

SUL CAUCASO



Chissà che storia ha saputo raccontare Mnemosyne, lassù, nei recessi del tempo, sul Caucaso. 
Avrà raccontato la vita di tutti gli dei, i loro destini immutabili ed eterni. 
Avrà narrato il trascorrere di tutti i tempi. 
Si sarà ricordata di quando ancora il Caos era al di fuori del Tempo.
Avrà ricordato, con la sua voce suadente e melodiosa, l'attimo esatto in cui l'Ordine fu dato. La tensione di ogni cosa che in un istante senza fine doveva entare nell'Essere. La nostalgia, forse, dell'abbandono di un disordine primordiale confortevole.
Avrà saputo raccontare l'eterno momento della Creazione, la disposizione delle cose nell'Universo appena formato. La generazione dello spazio, il senso di disorientamento delle nuovee Creature uscite dal Nulla.
Solo Mnemosyne poteva avere il potere tanto grande di riportere alla luce attimi che ormai giacevano sommersi nell'Oblìo senza durata, sottoposti al potere di Sacerdoti approssimativi, celebranti di riti cosmogonici pallido ricordo di quello che veramente accadde.
Avrà rccontato la tenerezza della nascita di dei e nife, in ogni angolo del pianeta, ed il fiorire della prima alba sul mare azzurro incontaminato da qualsiasi presenza di vita.
Avrà recitato l'Enuma Elish ed il Cantico delle Creature e avrà sorriso, forse, all'ingenua fede dei primi uomini nelle città d'Oriente e sugli altopiani d'Occidente.
Il cuore del Gigante inchiodato alla roccia avrà avuto un sussulto, un palpito.
Le palpebre avranno tremato, socchiudendosi a protezione dell'Occhio del dio, per proteggerlo ancora una volta dal vivo ricordo del bagliore provocato dalla divisione della luce dalle tenebre, in quell'interminabile attimo radioso. 
Il Titano sarà trasalito rammentando il fragore delle acque degli Oceani, ormai separate dal fuoco eterno, che si rovesciavano, con rombi di tuono, schiumando sulle rive dei continenti. 
Il figlio di Giapeto sarà rimasto stordito ancora una volta ricordando il vortice baluginante dei Cieli inchiodati alla volta buia sopra la Terra. 
Con quanta triste nostalgia il dio incatenato al monte avrà passato in rassegna i millenni al di fuori del tempo durante i quali si erano combattute le infinite battaglie fra gli dei per contendersi il dominio sugli elementi. E quale frenesia avrà percorso le sue vene rivivendo i sussulti tettonici di piacere degli amori olimpici. 
Chissà. 
Quel racconto avrà narrato il momento in cui nacquero gli Uomini, l’istante in cui gli dei decisero di condividere la fatica di vivere con quelle piccole creature di polvere e sangue. 
Si sarà percepito, tra i venti sulla cima del monte, ancora una volta, il soffio, l’alito divino, il sospiro della vita che riempiva per la prima volta i polmoni della fragile creatura di carne. 
Si sarà udito ancora una volta lo stridore della coscienza che penetrava caparbia, sospinta dalla volonta incontrovertibile degli dei iperurani, attraverso un'esile fessura nel buio ancora vergine dell’animo umano.  
Mi Sembra di sentire l’eco del coraggio del Gigante, l'orgoglioso tonfo provocato in quel cuore pieno di coraggio dalla decisione di offrire all’uomo il fuoco sottratto a Zeus onnipotente, che non poteva più meritarlo.
Prometeo con la chiaroveggenza del primo dio intelligente sapeva già che insieme col fuoco avrebbe donato ai mortali il potere sulle cose, il dominio sul mondo. 
Sapeva che quel dono era il mezzo per dare inizio alla scienza, per spingere il peccato della Conoscenza fino ai limiti estremi dell'universo. Sapeva che quella povera stirpe di incoscienti mortali sarebbe andata di corsa incontro al rischio di annientare in un attimo la perfetta operadivina del creato.
Sapeva che nel cuore di quella creatura di fango inerte resa viva dall'alito divino albergava un’insopprimibile desiderio di dominio sulle forze della natura. 
Immagino con quali occhi il Gigante ancora in catene avrà guardato la grande madre delle Muse.
Mi si ferma  il cuore se provo a immaginare il gelo che lo avrà pervaso per un istante solo, un interminabile momento di paura provocato dal destino discinto della debole creatura composta di nuda carne. 
Mi si gela il sangue se solo penso al morso di dolore che deve aver trafitto quel povero corpo di materia onnipotente, che non aveva tremato di dolore neanche quando i chiodi di Efesto erano penetrati nelle sue carni divine, nè quando le catene lo avevano avvinto all'alto clivo del monte. 
Il gelo della paura, un dolore inconsumabile, devono aver fatto sussultare quel cuore ansimante. Gelo, paura, per un attimo senza fine, per un attimo solo immerso nell'eterno senza fine, devono aver paralizzato il dio. 
In quell’istante interminabile un terribile pensiero aveva attraversato la sua mente, una spaventosa angoscia aveva oppesso il suo cuore divino. Il timore che il favore concesso ai piccoli uomini, l'impresa per cui aveva rischiato e per la quale era stato tanto duramente punito, potesse un giorno lontano rivelarsi del tutto inutile, risolversi nel vano nulla, annegata dalla vuota incoscienza e dall'irragionevole orgoglio di quella misera creatura impotente. 
Con amore, Mnemosyne, ha raccolto quello sgomento senza misura, quel dubbio del dio, il suo dolente sbigottimento. 
Vedo sulle sue guance candide e dolci scendere poche lacrime disperate.  
Lei, si, certamente, conoscerà le parole adatte per consolare il gigante impietrito.
Mnemosyne, che nella divina natura accoglie il senso della memoria eterna, sa come restituire calore e forza al dio in catene.
Palpita il mio cuore se ricordo il suono soave di quella voce materna che riportava alla vita il dio potente. 
Il suo racconto sapeva rendere scintillanti agli occhi del dio in lacrime le grandi gesta che avrebbero reso eterni quei poveri mortali, la gloria delle imprese della Conoscenza, i trionfi della Coscienza. 
In aiuto di Mnemosyne erano accorse, delicate e rassicuranti, le nove Muse, divine figlie della dea.
Il loro coro felice cantava la divina bellezza delle opere con cui l’uomo avrebbe saputo arricchire il futuro del mondo ed impreziosire il creato. 
La loro delicata grazia addolciva lo sconforto del dio mentre gli additava le imprese e la gloria della Storia dell’uomo, tutte le conquiste che la creatura prediletta del dio avrebbe saputo compiere per mezzo dei preziosi doni del Titano. 
Quelle opere grandiose vengono infisse nel cuore dei mortali con l’opera e l'aiuto delle figlie Ispiratrici di Mnemosyne, avrebbero ornato come una collana preziosa il mondo degli uomini. 
E lei, la regina del palazzo della Verità, lei in persona fa accedere lo Spirito dell’Uomo alla cavità del Tempo dove, nel mare della Memoria, si condensa il futuro che Prometeo sa conoscere in anticipo.  
Lei ha donato agli uomini tutto il Tempo necessario per compiere il cammino di gloria a cui Prometeo li aveva predestinati. E con tutto quel Tempo a disposizione, finalmente, quella debole creatura è messa in grado di riflettere sull’importanza del proprio destino, per correggere il proprio cammini di errori.  
Grazie al dono di Mnemosyne si dissipò il timore del Titano. 

1 commento:

Paola Tassinari ha detto...

Grazie al dono di Mnemosyne si dissipò il timore del Titano. ......speriamo che il dono della memoria ci aiuti veramente a migliorarci,forse il mondo è già migliorato e noi non ce ne accorgiamo.Ciao.