4 giugno 2009

TORRE DI BABELE


Un post sulla torre di Babele deve essere speciale.
Deve aprire le porte del cuore - e quelle della mente - alle scoperte più emozionanti.
Non ho, quindi, alcuna intenzione di raccontare la meraviglia che ho provato io quando ho scoperto l'affascinante storia millenaria della Terra di Sumer, la Terra dei Due Fiumi, la Mesopotamia.
Credo sia giusto che quella meraviglia - perchè di meraviglia si tratta, la meraviglia che si prova di fronte alle scoperte inimmaginabili, alla sopresa inaspettata - nascesse direttamente, spontaneamente attraverso la testimonianza dei fatti.
Racconti, storie, dei, eroi e personaggi, insomma, un'intera cultura era già viva circa cinque millenni fa. Tanto viva da aver lasciato tracce indelebili nella storia degli uomini.
Voglio che tuti possano seguire quelle tracce.
Il viaggio, seguendo quelle tracce, è lungo e avventuroso ed attraversa territori inesplorati. Lontani nel tempo molto più che nello spazio.
Ma la meraviglia, il fascino che scaturisce dallo sguardo su quel paesaggio sono davvero impagabili.
E, sorpresa, si scopre che la storia, la Storia, quella con la S maiuscola, non può essere scritta dividendo i popoli, i paesi, le religioni, le lingue e le razze, come comunemente si fa.
La Storia è Storia dell'Uomo. La geografia dell'Uomo è la stessa geografia del mondo.
Allora, cominciamo il viaggio.
Attraversiamo la Porta di Ishtar, la porta di Babilonia.
La varchiamo e, miracolosamente, scorgiamo, al di là del varco, un paesaggio così vasto che abbraccia l'intera terra compresa fra l'Egitto dei Faraoni, dei Geroglifici e degli scribi e le ziqqurat del deserto infuocato della terra di Mezzo.
Una di quelle ziqqurat è diventata così famosa da diventare universale.
Era già altissima, ma gli uomini della terra di Sumer volevano farla arrivare fino al cielo. Certo, urtando la suscettibilità di qualche dio preoccupato di perdere il suo primato o di veder insidiata la sua sapienza infinita ed eterna.
Ma come possiamo non condividere le preoccupazioni di quel dio? Fino a quel momento non aveva conosciuto creatura alcuna che osasse alzare il proprio sguardo per guardare oltre il confine del cielo, per conquistare l'immortale albero della Conoscenza.
Certo, dalla Conoscenza dipende la Vita e l'immortalità consiste nel conoscere il tutto.
Le cose che sono già accadute, condensate nella Memoria della Storia.
Le cose che stanno accadendo mentre si vive al presente, che danno un senso all'agire quotidiano.
E, infine, le cose che si possono leggere nel libro del futuro, dove sono scritti i destini di ogni uomo.
Il dio temeva che gli uomini volessero rubargli la Conoscenza, alzandosi in cima alla ziqqurat quadrata.
Era così alta da mettergli timore.
Allora pensò che fosse giusto disperdere quella moltitudine confondendo le loro lingue.
Non so se fosse preoccupato anche per i destini dell'uomo che, acquisita la conoscenza delle cose, di tutte le cose infinite, avrebbero potuto perdere la propria innocenza e presuntuosamente paragonarsi agli dei immortali.
Ma certo, il dio doveva conoscere la storia del Titano che aveva, millenni e milleni prima, scambiato la propria natura divina con quella umana, per provare il sapore della vita, delle gioie e dei dolori, della felicità e della disperazione. Forse era proprio la storia del Titano che lo preoccupava quando decise di mettere nella bocca degli uomini tutte le lingue del mondo, in modo che non si capissero più.
Così, da quella ziqqurat nella Terra dei Mille Canali, la peregrinazione degli uomini sulla terra acquistò anche il carattere della diaspora.
Eva ed Adamo erano stati condannati a peregrinare per il mondo, partorendo con dolore i propri figli, allevandoli con la fatica ed il sangue del proprio lavoro perchè avevano mangiato i frutti dell'Albero della Conoscenza.
Ci teneva, il dio a conservare in eterno l'assoluta Conoscenza delle cose del Mondo e degli Uomini, forse perchè temeva che non avrebbero saputo far rendere un tesoro così grande.
Così, quando il dio vide spuntare al di sopra del letto di nuvole la cima della ziqqurat di mattoni impastati nel fango, decise che era ora di agire e si sbrigò a disperdere tutta quella massa che si affaticava a portare verso la cima di quella Torre mirabile il peso delle proprie esistenze, dei propri figli, del proprio lavoro.
Sono passati millenni da allora.
Dalla porta di Ishtar si possono ancora vedere le file interminabili di miserabili creature che si affannano a guardare verso la cima della Torre, oltre la volta celeste.
Sulla porta di Ishtar è stata incisa, con i simboli magici di tutte le scritture del mondo, la storia che ho appena raccontato.
L'hanno incisa gli scribi, che chissà come, avevano avuto il dono della Conoscenza. Forse l'avevano avuto dal dio, o forse sapevano dove si trovava il giardino dell'Eden e qual'era l'albero del frutto proibito.
Sta di fatto che l'importanza di quei segni magici era nota a tutti i popoli del mondo, fin dalle origini della Storia.

Sono passati millenni da allora, ma sulla porta di Ishtar ci sono scritte storie come questa.


Da manoscritti geroglifici del periodo 1780 – 1070 a.c.

NON C’E’ MESTIERE BUONO COME QUELLO DI SCRIBA

Sii scriba: ti salva dalla fatica e ti protegge da ogni tipo di lavoro.
Ti tiene lontano dal portare la zappa e la marra e dal portare un cesto. Ti tiene lontano dal manovrare il remo e ti preserva dai tormenti, poiché non sei sotto numerosi padroni e numerosi superiori.
L’uomo esce dal grembo di sua madre e corre verso il suo padrone: il bambino è al servizio di un soldato, il giovanotto è un soldato di perlustrazione, l’anziano è destinato a fare il coltivatore, l’adulto a fare il soldato. Lo zoppo è messo a fare il portinaio e il cieco a fare l’ingrassatore di bestiame. L’uccellatore va sulla piattaforma (da posta), il pescatore sprofonda (nell’acqua), il profeta sta come coltivatore, il sacerdote-uab fa il servizio e passa il tempo – ve ne sono tre (di servizi giornalieri) – a immergersi nel fiume, e non distingue fra inverno ed estate, se il cielo è ventoso o piovoso. Il sovrastante alle stalle sta al lavoro appena la sua pariglia è lasciata nel campo; mentre l’orzo è misurato a sua moglie, sua figlia è nella diga e la sua serva è nel gruppo di lavoratori (?) e il suo servo è a Tura (cava di calcare presso Menfi, l’odierna Turah)
Il fornaio cuoce il pane e mette il pane sul fuoco, con la testa dentro il forno mentre il figlio lo tiene per i piedi: se scivolasse dalle mani di suo figlio, cadrebbe nel fondo del forno.
Ma lo scriba, lui, è alla testa di tutti i tipi di lavoro in questo mondo.


LA GLORIA DEGLI UOMINI SAGGI E’ ETERNA

Gli scribi pieni di saggezza, dal tempo che venne dopo gli dei,
e quelli che predissero il futuro,
il loro nome dura eternamente:
(eppure) sono andati, hanno compiuto il loro tempo e tutti i
Loro contemporanei sono obliati.
Essi non hanno costruito piramidi di bronzo con stele di ferro,
non hanno progettato di lasciare come eredi (dopo di loro)
i figli (della loro carne) che pronunciassero il loro nome:
essi si sono fatti come eredi i libri
e gli insegnamenti che hanno fatto.
Si sono fatti come sacerdote ritualista
Il ritolo di papiro;
della paletta di scriba
hanno fatto il loro figlio diletto.
Gli insegnamenti sono le loro piramidi,
il calamo è il loro figlio,
la lastra di pietra la loro sposa:
dal grande al piccolo, tutti son dati loro per figli,
perché lo scriba è alla loro testa.
Furono costruiti portici e case: sono crollati.
I loro sacerdoti funerari sono andati,
le loro stele son coperte di terra,
le loro tombe obliate.
Ma è preannunciato il loro nome a causa dei libri che hanno fatto,
perché erano buoni,
e il ricordo di colui che li ha fatti rimane eternamente e per sempre.
Sii scriba, ponilo nel tuo cuore,
affinchè il tuo nome esista allo stesso modo:
un libro è meglio di una stele incisa,
meglio di un muro costruito saldamente.
Esso fa da cappella e da piramide,
per il cuore di colui che pronuncia il loro nome.
Sicuramente, un nome che è nella bocca degli uomini
È utile nella necropoli.
Un uomo scompare,
il suo cadavere è in terra,
tutti i suoi contemporanei hanno lasciato il mondo,
ma lo scritto farà si che sia ricordato nella bocca di colui che lo pronuncerà.
Un libero è meglio di una casa costruita,
meglio che delle tombe nell’Occidente.
E’ più bello d’un castello costruito,
più bello che una stele in un tempio.
C’è qui un uomo simile a Hergedef?
C’è un altro simile a Imhotep?
Non ci fu nel nostro tempo un uomo come Nefertiti e Kheti, prima di loro.
Ti ricordo il nome di Khakheperraseneb.
C’è un altro simile a Ptahhotep o come Kares?
I saggi che predicevano l’avvenire,
ciò che usciva dalla loro bocca si realizzava,
e lo si trova come un proverbio,
è scritto nei loro libri.
I figli degli altri sono dati a loro per eredi, come loro propri figli.
Anche quando sono scomparsi,
la loro potenza magica appartiene a tutti, letta in una “Istruzione”.
Sono andati, i loro nomi sarebbero obliati,
ma gli scritti fanno che siano ricordati.



Statua di Indu, famoso scriba sumero, in basalto nero (circa 2400 a.C.)

Da tavolette sumere del periodo intorno all'anno 2000 a.c.

INNO SUMERO ALL'ARTE DELLA SCRITTURA

L 'arte delta scrittura è la madre degli oratori, il padre dei maestri; l'arte della scrittura è appassionante, non ti sazia mai; l'arte della scrittura è difficile da imparare, ma colui che l'ha appresa avrà il mondo in mano. Cura l'arte della scrittura, ed essa a arricchirà; sii diligente nell'arte della scrittura, ed essa ti riempirà di ricchezza e abbondanza. non essere negligente nei confronti dell'arte scrittoria, non trascurarla, l'arte scrittoria è "sede di ricchezza", il segreto del dio Ammanki [=Enki], lavora senza soste ed essa ti rivelerà i suoi segreti, se la trascuri si faranno commenti malevoli nei tuoi confronti, l'arte scrittoria costituisce un buon destino, ricchezza ed abbondanza; da quando eri un fanciullo essa è stata per te causa di dolore, da quando sei cresciuto – L'arte scrittoria è il nesso di tutto - Lavora duramente su di essa [ed essa ti -] la sua bella prosperità, ad avere una conoscenza superiore della lingua sumerica, ad apprendere -, ad imparare l’Eme-sal [= "la lingua fine"], a scrivere una stele, a disegnare [i confini di] un campo, a determinare bilanci - - il palazzo - Lo scriba possa essere suo [= dell'arte scrittoria] servitore, egli chiama il canestro da lavoro della corvée...

2 commenti:

Paola Tassinari ha detto...

Un post bellissimo, dal tuo pensiero, dagli scritti sulla porta di Isthar , dalle immagini ed infine ai video. Quello che più mi ha colpito è il racconto sullo scriba e l' ode alla scrittura,mi ha fatto capire l' importanza ed il valore della conquista della scrittura , conquista che oggi noi non valutiamo pienamente. inoltre mi fa riflettere quanto sia diversa una conquista di questo genere dalla conquista con le armi per sottomettere l' altro. Buon inizio settimana.

pierperrone ha detto...

Grazie, Paola.
Buon inizio settimana anche a te.
Stasera sono un pò stanco.
A presto.