1 marzo 2009


di INGEBORG BACHMANN


A Roma ho visto che il Tevere non è bello, ma trascurato nelle banchine, da dove spuntano rive a cui non c'è chi metta mano. Nessuno usa le navi da carico brunite dalla ruggine, nemmeno le barche. Arbusti ed erba alta sono infangati, e sulle balaustre solitarie dormono immobili gli operai nella calura di mezzogiorno. Fino ad ora non si è mai girato nessuno. Nessuno è mai caduto giù. Dormono dove i platani dispiegano loro un'ombra, e si calcano il cielo sulla testa. Bella è però l'acqua del fiume, verde argilla o biondo – a seconda di come la luce lo irradia. Bisogna camminare lungo il Tevere e non guardarlo dai ponti, pensati come strade che portano all'isola. La Tiberina è abitata dai Noantri – noi altri. È da intendere così, che essa, isola dei malati e dei morti fin dall'antichità, vuole essere abitata anche da noi altri, percorsa anche da noi, perché è a sua volta una nave e naviga molto lentamente nell'acqua con tutti i carichi, in un fiume che non la sente un peso.

A Roma ho visto che la basilica di San Pietro sembra più piccola delle sue reali dimesioni e tuttavia è troppo grande. Si dice che Dio abbia voluto che la sua chiesa sorgesse sulla pietra e fosse solida. Ora si leva sopra la tomba del suo santo, che stanno riportando alla luce. Così è il santo stesso a metterla in pericolo e a indebolirla. Ciononostante le grandi solennità si svolgono ancora chiassosamente, con balletti in porpora sotto baldacchini, e nelle nicchie l'oro sostituisce la cera. Chiesa granne divozzione poca. Sono ancora i poveri, nella loro avvedutezza, a preoccuparsi che la chiesa non crolli, e colui che l'ha fondata ormai fa conto sul passo degli angeli.

A Roma ho visto che molte case assomigliano al Palazzo Cenci, dove la sventurata Beatrice visse prima della sua esecuzione. I prezzi sono alti e le tracce della barbarie dovunque. Sulle terrazze i mastelli con gli oleandri marciscono cedendo ai fiori bianchi e rossi; i quali vorrebbero volare via, giacché non riescono a tener testa all'odore di sporcizia e decomposizione che rende il passato più vivo dei monumenti.

A Roma ho visto nel ghetto che non bisogna lodare il giorno prima della sera. Ma nel giorno dell'espiazione a ciascuno sarà perdonato in anticipo per un anno. In una trattoria vicino alla sinagoga la tavola è apparecchiata, e i pesciolini rossastri del Mediterraneo sono serviti con uva passa e pinoli. I vecchi si ricordano degli amici che furono pagati a peso d'oro; quando furono riscattati, i camion partirono lo stesso, e loro non tornarono più. Ma i nipoti, due ragazzine in gonne rosso acceso e un bambino grasso e biondo, ballano in mezzo ai tavoli e non staccano lo sguardo dai suonatori. "Suonate ancora!" grida il bambino grasso e sventola il berretto. Sua nonna accenna un sorriso, e quello che suona il violino diventa molto pallido e salta una battuta.

Ho visto a Campo de' Fiori che Giordano Bruno continua a essere bruciato. Ogni sabato, quando smantellano le bancarelle intorno a lui e restano solo le fioraie, quando la puzza di pesce, cloro e frutta marcita va disperdendosi sulla piazza, gli uomini raccolgono sotto i suoi occhi i rifiuti che sono rimasti dopo che di tutto è stato fatto mercato, e danno fuoco al mucchio. Di nuovo si leva il fumo, e le fiamme mulinano nell'aria. Una donna grida, e gli altri gridano con lei. Dato che nella luce forte le fiamme sono incolori, non si vede dove arrivano e dove cercano di colpire. Ma l'uomo sul basamento lo sa e perciò non ritratta.

[...]

Biografia di Ingeborg Bachmann:

http://www.geocities.com/mellowsoundx/inge-bachmann-bio.htm


3 commenti:

utilizerapagain ha detto...

Grandissima poetessa, purtroppo un po' dimenticata. Hai fatto bene a ricordarla.
Credo che questi suoi versi possano essere un buon corollario per la ''sua''Roma

Così lontana nella vita e così vicina alla morte
da non potermi giustificare con nessuno,
m'impossesso della mia fetta di Terra;

dritto al cuore colpisco il tranquillo oceano
con il cuneo verde, e mi bagno da me.

Vale

Paola Tassinari ha detto...

Questo racconto un po' amaro mi fa amare ancora di più Roma. Tu la ami? Paragonata alla piccola Ravenna così provinciale, a me Roma pare tanto grande. Grande e disfatta , una signora vecchia ma col fascino di chi ha visto tutto e non ha più paura ,nè di farsi vedere discinta e senza trucco , nè di morire. Io a Roma ci sono stata poche volte, il Tevere mi è piaciuto, con quell' incredibile bailamme all' isola Tiberina dove non si capisce quale è l' isola e quale la sponda e poi quella fila lunga dalla "grattachecca" un botteghino forse degli anni "50 ancora lì così vecchio ma pare sia un' istituzione.......Roma tutto è lì il sacro, il profano, il popolaresco, le boutade, i ministri, i ricconi e i mendicanti, i centurioni con la sportina di plastica.....le auto e i motori che vanno all' impazzata sìììììììììììì però è sempre Roma..... Dovresti fare un post con un tuo racconto su Roma sono sicura che verrà fuori qualcosa di bello.Ciao.

pierperrone ha detto...

Si, belli i versi di Inge. Un pò duri, un pò teneri. Un pò di rabbia e un pò di dolcezza.
Un pò d'immensa profondità, in cui si perde l'anima quando fantastica sulle distanze senza limiti. Un pò di sana concreta consapevolezza (o autocoscienza).

Roam, Paola.
Roma.
Vediamo se viene un post su Roma.