3 maggio 2009

IL SENSO DELLA VITA

Visage of War 
Visage de la guerre
Tvar valky
1940, olej na platne, 64 x 79 cm
Rotterdam, Museum Boymans-van Beuningen




Obiettivo presuntuoso. Tema estremamente impervio.

Ho finito di leggere ieri sera "L'Istruttoria" di Peter Weiss. 

"Dal 20 dicembre 1963 al 20 agosto 1965 si svolse a Francoforte sul Meno un processo contro un gruppo di SS e di funzionari del Lager di Auschwitz. 
In seguito al movimento di opinione pubblica provocato nel mondo dal processo ad Adolf Eichmann tenuto a Gerusalemme nel 1961, per la prima volta la Repubblica Federale Tedesca affrontava in maniera impegnativa la questione delle responsabilità individuali, dirette, imputabili a esecutori di ogni grado, attivi nei recinti di Auschwitz. 
Il processo ebbe dimensioni proporzionate alla sua importanza; nel corso di 183 giornate vennero ascoltati 409 testimoni, 248 dei quali scelti tra i 1500 sopravvissuti del Lager. 
La storia del campo o meglio dei campi di Auschwitz, dalla loro apertura, nel giugno del '40, all'evacuazione per l'avvicinarsi delle truppe russe (gennaio 1945) fu rievocata, a un quarto di secolo di distanza, da chi vi aveva partecipato come vittima, aguzzino o complice, rimasto a piede libero, degli aguzzini stessi. 
I volti, gli atteggiamenti, certe battute degli imputati più conosciuti: il vicecomandante 
Robert Mulka, il Rapportfuhrer Oswald Kaduk, i funzionari della Sezione politica Wilhelm Boger e Hans Stark, divennero noti in tutto il mondo attraverso servizi giornalistici; una sinistra celebrità acquistarono personaggi che, per i singolari dispositivi della macchina della legge, figuravano non tra gli imputati, ma tra i testimoni, a fianco delle loro vittime. 
Tale categoria era rappresentata soprattutto da medici, dal personale impiegato in Auschwitz per la “selezione”, per la scelta, cioè, del materiale umano da eliminare immediatamente o da consegnare all'industria (durata media della vita di un detenuto-operaio: nove mesi). 
Peter Welss assistette a molte sedute del processo di Francoforte. 
Da note prese durante le sedute, soprattutto dai resoconti redatti da 
Bernd Naumann per la “Frankfurter Allgemeine Zeitung”, lo scrittore ricavò materiali per Die ErmittlungL'istruttoria. 
Il giudice, il difensore, il procuratore, diciotto accusati e nove testimoni anonimi, ognuno dei quali impersona più di un testimone reale, sono i personaggi di questo “oratorio in undici canti”; nel quale non è passata una parola che non sia stata pronunciata nell'aula del tribunale. 


Così scrive Giorgio Zampa, traduttore italiano dell'opera teatrale di P.Weiss."

Il senso della vita.

Che senso può avere la vita. 

Nei campi di sterminio, per esempio.

Non è una domanda davvero straordinaria questa? Non è estremamente impervia la strada che conduce ad una risposta, in casi come questi?

La vita in un campo di sterminio: vivi, erano ancora formalmente vivi i prigionieri prima di essere massacrati. Ma la loro esistenza era già finita, consumata, levigata dal male come fa il mare con i sassi. Ridotta ad un esile velo che, alla fine, veniva impietosamente squarciato da un colpo di fucile, da una dose di veleno, dalla semplice mancanza di cibo o di cure sanitarie.

La vita, in un campo, un lager o in un gulag, sotto le bembe a Dresda o schiaffeggiati dal arido vento nucleare ad Hiroshima, non ha più senso, se concepita dal punto di vista ... dello spessore.

Lo suqarcio finale prodotto da un colpo alla nuca o da una vampa disgrgatrice può addirittura essere percepito, in quelle condizioni, come il doce momento in cui il MALE ha termine. 

Per seppellire per sempre il MALE, per spegnere la sofferenza provocata dalla Belva Umana, può anche diventare necessario sotterrare il corpo svuotato di ogni forza vitale e di ogni dignità.

Anche l'Operaio, colpito dal colpo di maglio, le ossa spezzate, il corpo insanguinato, stritolato dentro un infernale ingranaggio, anche l'umile Lavoratore, può desiderare veder finire la sua pena, quando viene cacciato per sempre dalla fabbrica che l'ha torturato.

Senza lavoro, l'Operaio non ha più la propria identità. Non è più nessuno. Non è più niente. Neanche un Uomo. 

Il MALE, anche quello imprevisto e non voluto, annienta la vita, cancella la dignità, disintegra l'Uomo riducendolo in misera polvere.

Tutto questo può essere chiaro. Basta voler guardare in quel fondo buio e fetido. 

Una volta l'urlo mi è scappato, quando ho guardato in quel pozzo in cui neanche il terrificante squittìo dei topi ed il bagliore della lama che vuole strapparti il cuore possono distogliere lo sguardo dal Profondo Abisso. 

Ma c'è un altro punto di vista da cui lanciare domanda sul senso della vita.

L'Istruttoria me lo ha fatto vedere con chiarezza.

Come hanno fatto gli altri, i Vincitori, i Boia, gli Aguzzini, i Torturatori, gli Assassini, le Belve, i Mostri, a continuare a vivere dando un senso alla vita gurdando il vuoto nero delle proprie pupille ?

Forse vivevano in case senza specchi. 

Non si sono dissetati mai neanche ad una fonte, dopo essersi lavati le mani lorde un'ultima volta.

Narciso moriva insieme a loro. Moriva Medusa. 

Ciechi. Ciechi pur potendo ancora sollevare lo sguardo e vedere l'azzurro terso dell'alba del mattino.

Alba di morte, per loro, buia, senza Sole.

Per loro sono crollati i simboli di Luce, si sono cancellati i Geroglifici del Senso.

Che senso hanno potuto dare, possono mai dare alla vita uomini così ?

Destinati, ahimè, a strisciare per sempre nlla Tenebra Oscura. Ad essere morti senza neanche poter sprare che uno squarcio definitivo consumasse l'ultimo spessore che li separa dalla Fine della Sofferenza.

Nessuna pietà per loro.

Nessuna pietà per quelli.

Nessuna pietà potevano provare per sè stessi, condannati a dover sopravvivere alla propria Fine. 

Esseri senz'anima.

Non più Uomini. Non ancora Morti. 

3 commenti:

Paola Tassinari ha detto...

Caro Piero, , se si pensa all' olocausto, alle morti bianche, alle guerre, a quello cioè che combina l' uomo, ti posso dire che quello è il NON SENSO DELLA VITA. Diverso sono le disgrazie che accadono naturalmente qui mi chiedo quale è il senso della vita. Ormai a te racconto quello che più mi colpisce, perchè ti sento partecipe alla follia , al non senso della vita di certi uomini 8 ma si possono chiamare così o sono essi il Male?)
Qualche tempo fa , sono venuta a conoscenza di un fatto a cui ancora penso e non riesco a "digerire"
Una persona che conosco bene, stimata, autorevole , di buona famiglia, non ti dico la professione perchè non ce la faccio.Una persona a cui avevo dato fiducia. Una persona di cui conosco bene anche il padre, pure lui uno stimato professionista. Sono appassionata di storia locale , ed ho letto molto sulle uccisioni avvenute dopo la guerra, ebbene sai cosa ho scoperto? Il padre , stimato professionista , era stato il TORTURATORE di una cinquantina di persone.Ho tenuto tutto dentro, ma anche il figlio lo vedevo con occhi diversi.Ho tenuto tutto dentro , ma alla fine sono crollata , quest' inverno ho avuto un crollo di nervi , e in quel frangente gli ho urlato in faccia tutto il mio rancore. Lui non ha detto niente , mi ha guardato e cosa ho letto nei suoi occhi ......mi hanno fatto paura.....Pierro l' ho colpito. Lui non ha detto niente, ora facciamo finta di niete, ci salutiamo, ma io da parte mia non lo stimo più , anche se lui è solo il figlio e non ha colpe, ma io non posso dimenticare quelle mani,mani che dovrebbero dare la vita , perchè sia lui che il padre sono.....Ciao Piero e scusami per i racconti tristi che ti faccio .

pierperrone ha detto...

Cara Paola, il TORTURATORE è proprio uno di coloro che non è più vivo e non è neanche ancora morto.

Non so invece cosa pensare del figlio.
Da una parte lui è un innocente.

Ma sono sicuro che tu pensi che lui sia invece complice silenzioso del padre. Complice, ovviamente, non perchè, immagino, abbia partecipato ai fatti, che forse risalgono alla guerra. Ma complice perchè ha saputo. Per qualsiasi via, anche genetica, sapeva.
Ed ha taciuto.

Sono le storie che durano generazioni dopo la guerra.
Lo diceva Helga Schneider, in quell'intervista da Fazio, raccontando la sua storia dolorosamente incredibile.

Anche tu hai la tua storia dolorosamente incredibile.

ma penso che raccontare storie del genere serva. A te, ad alleggerire il cuore e comprendere meglio la vita, il mondo, te stessa. Anche quando la vita, il mondo e te stessa sono situate in un punto preciso, lì, a Ravenna.
Aiuta anche chi legge.
Perchè... perchè si arricchisce la memoria.

Paola Tassinari ha detto...

Grazie Piero delle tue parole, perchè io dopo un po' mi domando ....ed io cosa avrei fatto? Chi sono io per scagliare la pietra e mi vergogno delle parole che ho detto, tu invece sei sempre così pacato , riflessivo è la memoria che ti aiuta in ciò, o il tuo carattere, o il tuo vissuto non so, ma ....grazie.