21 settembre 2009

21 SETTEMBRE 1971

Esattamente 38 anni fa, il 21 settembre 1971 lo stato del Bhutan, retto da una monarchia un pò insolita, specialmente nei territori posti sull'erma sella Himalayana a cavallo fra la Cina e l'India, entra a far parte dell'ONU.

da Wikipedia:

"Storicamente conosciuto come Lho Mon (terra meridionale delle tenebre), Lho Tsendenjong (terra meridionale del cipresso), Lhomen Khazhi (terra meridionale delle quattro vie d'accesso), e molti altri nomi, questo Stato è chiamato dal mondo esterno "Bhutan", ma il significato di questo termine non è noto.

La gente chiama sé stessa Drukpa e chiama la propria patria Druk Yul, che significa "terra del drago" oppure Druk Tsendhen, "terra del drago del tuono", dal momento che la tradizione vuole che il tuono sia il ruggito dei draghi cinesi, la creatura che decora la bandiera nazionale".

Perché la "repubblica indipendente" si occupa del regno buddhista del Bhutan?

Perché, a modo suo, questo regno, abitato da circa 650 mila persone, distribuite su una superficie pari, all'incirca, all'Emilia Romagna e alla Toscana messe insieme, incastrato tra le più impervie vette del pianeta e nel quale si parlano ben 19 dialetti, può essere preso, da uno specifico punto di vista, come lo stato di Utòpia.

La "repubblica indipendente" ha avviato il progetto di "Costituzione dello Stato di Utòpia" che non è soltanto una dichiarazione ideale di principi romanticamente universali. Perché riesca a diventare qualcosa di concreto, di reale, ad acquisire valore ed importanza per farsi ascoltare e, finalmente, poter spiccare il volo libero, è necessario che i punti della costituzione siano suffragati dalla forza dei fatti.
Solo i fatti, più ancora che la dottrina o gli ideali, potranno far decollare la "costituzione universale dell'Umanità".

Ma quale è il punto di vista che rende il regno del Bhutan assimilabile allo stato di Utòpia?
Preferisco essere preciso e ripetere ancora una volta che si tratta di uno specifico elemento, di un aspetto particolare, ma, per quanto parziale nella vita di una nazione, è di grande importanza e, direi in questa specifica fase della storia economica del mondo, centrale per focalizzare l'attenzione su uno degli obiettivi della "costituzione".

Ciò di cui stiamo parlando, il particolare approccio adottato dalla monarchia himalayana, è quello dell'economia nazionale basata, anziché sul calcolo del P.I.L. - il Prodotto Interno Lordo - sulla F.I.L. - Felicità Interna Lorda.

No, non ho sbagliato, è proprio la F.I.L.

da Wikipedia:

"Il termine fu coniato nella metà degli anni '80 dal re del Bhutan Jigme Singye Wangchuck che mise in rilievo il suo impegno per la costruzione di un'economia coerente con la cultura tradizionale del suo paese basata sui valori spirituali del buddhismo. Le è stato riconosciuto il merito di offrire una visione unificatrice per il processo di pianificazione quinquennale e di tutti i relativi documenti di programmazione che guidano i piani economici e di sviluppo di quel paese".

Il tema non è affatto di poco conto, nè di carattere ideale o ideologico. Sul rapporto fra sviluppo e felicità stanno lavorando le scuole economiche più innovative e qualche premio Nobel è già stato aggiudicato agli studi più innovativi ed avanzati nel campo dell'economia cosiddetta "comportamentale".

Fior di economisti con premio nobel, come Khaneman, Stigliz, Krugman, ecc. sono interessati aquesto tema...

Il sito che viene riportato qui di seguito contiene un saggio tecnico sulla metodologia su cui si basa la F.I.L.

http://www.grossnationalhappiness.com/gnhIndex/intruductionGNH.aspx

Questo blog non è di carattere strettamente economico o tecnico e non intendo qui affrontare scientificamente l'argomento.

E' importante sottolineare, però, che un punto di vista diverso, altro, utopico, se si vuole, non conformista, può esistere.

Un mondo "diverso" si può costruire.

Basta volerlo e lavorarci sopra duramente.

4 commenti:

Paola Tassinari ha detto...

Occorrono fatti e tu li hai trovati.
Ti faccio presente che la questione "felicità" era già presente nella Costituzione Americana.
O che Campanella con la Città del sole, già ca nel 1550 delinea l'utopia di una società ideale, inconciliabile con la sua realtà storica .
O Benthan con l' Utilitarismo, oggi tacciato di egoismo, ci aveva già provato.
Non voglio disilluderti, l' importante è che si possa credere in un mondo più giusto, e che persone di buona volontà ci lavorino sù.
L' importante è provarci, provarci e provarci e comunicare, comunicare e comunicare, perchè alla fine non c'è il buono o il cattivo ma l' Uomo.
L' Uomo col suo contingenza.......
esiste ma potrebbe anche non esistere e più che futuro è futuribile.
Ho detto un mucchio di schiocchezze, volevo da cittadina della Repubblica Indipendente, dire la mia.
ciao.

pierperrone ha detto...

Si, i fatti che cerco sono quelli che dimostrano che l'utopia non è un'isola che non c'è. Come gli esploratori del '500 (più o meno, Colombo, 1492, Americhe, o, secondo lui, le Indie) o gli scienziati, nello stesso periodo, più o meno. Keplero, Copernico, Galileo, Bruno...
Io non sono nessuno se mi paragono a cotante personalità. Ma, come loro, vedo, in fondo all'oculare del mio cannocchiale, un'isola davvero speciale, verso la quale si farà rotta, presto o tardi.
La vedo. E devo dimostrare che c'è davvero.
Galileo si arrabbiava di fronte all'incredulità ottusa di chi non accettava di guardare in quell'oculare.
Io, che non sono nessuno, voglio soltanto che si apra qualche piccola crepa nelle certezze di coloro che graniticamente ritengono che non vi sia spazio per una nuova Isola.

Sai, Paola mia, io quell'isola la vedo davvero. Per quello che ho studiato, che ho letto, che credo, sono sicuro che che dobbiamo tenere aperta ogni finestra della nostra mente.

Ti sono davvero grato del fatto di dichiararti concittadina della Repubblica indipendente. E' sempre una emozione sentirlo dire da te, che sei la prima.
Non dici sciocchezze. Da noi sono sciocchezze solo le certezze che non si possono discutere. Da noi, in questo territorio.
Che, poi, questo territorio, noi lo rendiamo ogni giorno più ampio, quando parliamo con i nostri amici, sul posto di lavoro, al tuo lavoro, nella tua città...
Lo rendiamo più grande ogni volta che ci sentiamo disposti a mettere in discussione le certezze "precostituite"...
E si tratta sempre di una discussione costruttiva; non siamo "cacadubbi". Sappiamo benissimo scoprire la verità e scartare la menzogna!

Un beso, come dici tu.

Paola Tassinari ha detto...

Oh, Piero, questa te la devo proprio dire......stamattina leggendo il giornale ho trovato una nuova classifica, quella del BIL cioè Benessere Interno Lordo, sembra che questa nuova classificazione sia nata in Francia, ebbene l' Emilia Romagna risulta prima .......vuoi vedere che abito in un' isola felice e non lo so?
PS....ma benessere non vuol dire serenità, anzi magari fa sorgere sensi di colpa.
Buonanotte.

pierperrone ha detto...

Il consumismo fa venire i sensi di colpa, perchè è contro ogni principio ed ogni valore. Il benessere, secondo me, è uno stato di fatto (per chi lo ha raggiunto) o un'aspirazione (per chi non lo ha raggiunto). Ma il benessere non ha nulla a che vedere col consumismo: un consumista potrebbe benissimo non trovarsi in uno stato di benessere. E viceversa.

Non conosco "la formula" del BIL. La cercherò e ti saprò dire meglio.
Ma credimi, tu vivi davvero in un'isola felice. O, almeno, in una delle più belle regioni e più belle città d'Italia. Dove i servizi funzionano meglio che altrove. Dove ancora, forse, c'è un pò di "umanità". Forse non è il miglior posto del mondo. Ma forse quello non esiste.
Forse lì, come in ogni altro posto, ci sono problemi, piccoli e grandi, di politica, sociali, di criminalità, e tutto il resto.
Ma credimi, Ravenna non è Napoli. Lo dico con amore appassionato per Napoli. Le meraviglie ci sono anche lì, a Napoli, ma costano molto più care che a Ravenna. Roma ha i suoi meravigliosi occhi viola, le ciglia lunghissime, un corpo sinuoso e affascinante. Ma anche un caos mortale, periferie bestiali, e tanto altro...