10 maggio 2009

LA STORIA DIVISA


L'Italia è una Repubblica senza una storia condivisa.
Per questo, solo per questo, è possibile che accada, in Italia, un presente così vuoto. Solo così si spiega la caduta in un abisso così oscuro e profondo come quello attuale.

Avere una storia condivisa significa essere alimentati da radici comuni a tutti i cittadini: per una Repubblica, avere dei cittadini è come per un allbero avere le foglie, per un fiore i petali, per una madre i figli.

Senza una storia condivisa, i cittadini della Repubblica d'Italia non possono lavorare alla costruzione di un Futuro comune. Ognuno porterebbe i propri mattoni al Tempio del proprio dio, o al Palazzo della Ragione del proprio Comune, al Castello del circondario di propria appartenenza.

Senza una storia condivisa e contro la storia condivisa non può esistere un Popolo. 

Il popolo che non c'è non può conquistare le elevate vette del Progresso.

Una Repubblica senza storia è fatta di infinite divisioni, interessi egoistici incociliabili, fazioni, religioni, leghe, sette, apparati, appartenenze, familismi, favoritismi, biechi affaccendamenti.

Non può esistere alcuna progettualità, che, invece, si piega al meschino affarismo.

L'Italia è una Repubblica senza una storia condivisa. 

Fascisti e Antifascisti. 
Clericali e Anticlericali. 
Comunisti e Anticomunisti. 

Tutta la storia della repubblica d'Italia è fatta di divisioni, i nterdizioni ed opposizioni.

Ma la Repubblica d'Italia è nata dalle macerie della Seconda Guerra Mondiale.

Erano cumuli e cumuli di macerie, città distrutte, vite cancellate, famiglie spezzate.

Eppure gli italiani seppero ricostrire non solo case che il terremoti della Guerra aveva raso al suolo, ma anche un'anima infranta.

Erano buoni, quegli italiani senza niente. Erano generosi, disposti al sacrificio.

Credevano nel futuro, avevano fede, fiducia, speranza. Fede, fiducia e speranza nel domani, nel futuro più lontano.

Oggi gli italiani sono vecchi, deboli, lenti, concentrati sulle proprie debolezze. 

Indifesi, esposti alla paura, incerti ed impauriti.

Egoisti,  miopi, ciechi.

I più giovani restano senza guida, senza esempio, senza luce, senza speranza, senza fiducia, senza fede.

Senza Tempo per Credere.

Senza più Tempo per Costuire una storia indivisa.

Ieri il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, un vecchio di quasi ottantacinque anni, ha compiuto un gesto esemplare. Un gesto che apre il cuore alla fede, alla fiducia, alla speranza.

L'inontro fra due storie divise.

Due storie divise che si incontrano e che, da ieri, non avranno più l'alibi per restare disunite nel futuro.

L'incontro propiziato fra due donne della storia divisa, Gemma Calabresi, vedova del Commissario Calabresi e Licia Pinelli, veova dell'Anarchico Pinelli, è un grande segno lasciato nella storia.

Un grande segno davvero. Il segno di qualcosa che cambia.  

Il segno lasciato da due donne, madri del dolore e del coraggio, private della gioia di una vita come le altre, private del piacere dell'indifferenza della storia per colpa della violenza generata dalla storia divisa della Repubblica d'Italia.

Il segno di due vite che, forse, da ieri, potranno ritrovare un pò di pace.

A quelle donne vorrei fare un dedica. 

Vorrei lasciare a quelle meravigliose Madonne un fiore, qualcosa che possa piacere, che possa richiamare alla memoria le fedi dei loro uomini, di quei poveri Cristi che furono strappati al loro amore dalla follia della violenza.  Dalla violenza figlia di una storia divisa.

Una dedica dolce, come sarebbe piaciuta a quelle persone, che avrebbero voluto restare per sempre normali, che non avevano urlato per chiamare a gran voce la Storia divisa  per spazzare via in un attimo i loro sogni. 

Una dedica che sarebbe piaciuta a quelle persone normali, che avrebbero voluto restare normali, ascoltare canzoni, leggere poesie, essere lasciate fuori dalla Storia.


"Pagine corsare" 
La poesia

Il Pci ai giovani!!, di Pier Paolo Pasolini

.
È triste. La polemica contro 
il PCI andava fatta nella prima metà 
del decennio passato. Siete in ritardo, figli. 
E non ha nessuna importanza se allora non eravate ancora nati... 
Adesso i giornalisti di tutto il mondo (compresi 
quelli delle televisioni) 
vi leccano (come credo ancora si dica nel linguaggio 
delle Università) il culo. Io no, amici. 
Avete facce di figli di papà. 
Buona razza non mente. 
Avete lo stesso occhio cattivo. 
Siete paurosi, incerti, disperati 
(benissimo) ma sapete anche come essere 
prepotenti, ricattatori e sicuri: 
prerogative piccoloborghesi, amici. 
Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte 
coi poliziotti, 
io simpatizzavo coi poliziotti! 
Perché i poliziotti sono figli di poveri. 
Vengono da periferie, contadine o urbane che siano. 
Quanto a me, conosco assai bene 
il loro modo di esser stati bambini e ragazzi, 
le preziose mille lire, il padre rimasto ragazzo anche lui, 
a causa della miseria, che non dà autorità. 
La madre incallita come un facchino, o tenera, 
per qualche malattia, come un uccellino; 
i tanti fratelli, la casupola 
tra gli orti con la salvia rossa (in terreni 
altrui, lottizzati); i bassi 
sulle cloache; o gli appartamenti nei grandi 
caseggiati popolari, ecc. ecc. 
E poi, guardateli come li vestono: come pagliacci, 
con quella stoffa ruvida che puzza di rancio 
fureria e popolo. Peggio di tutto, naturalmente, 
e lo stato psicologico cui sono ridotti 
(per una quarantina di mille lire al mese): 
senza più sorriso, 
senza più amicizia col mondo, 
separati, 
esclusi (in una esclusione che non ha uguali); 
umiliati dalla perdita della qualità di uomini 
per quella di poliziotti (l’essere odiati fa odiare). 
Hanno vent’anni, la vostra età, cari e care. 
Siamo ovviamente d’accordo contro l’istituzione della polizia. 
Ma prendetevela contro la Magistratura, e vedrete! 
I ragazzi poliziotti 
che voi per sacro teppismo (di eletta tradizione 
risorgimentale) 
di figli di papà, avete bastonato, 
appartengono all’altra classe sociale. 
A Valle Giulia, ieri, si è cosi avuto un frammento 
di lotta di classe: e voi, amici (benché dalla parte 
della ragione) eravate i ricchi, 
mentre i poliziotti (che erano dalla parte 
del torto) erano i poveri. Bella vittoria, dunque, 
la vostra! In questi casi, 
ai poliziotti si danno i fiori, amici. 
[...]

La locomotiva

Radici

Do Sol7 Do Sol7
Non so che viso avesse, neppure come si chiamava,
Do Sol7
con che voce parlasse, con quale voce poi cantava,
Do Sol7

Fa Sol7 Do Fa Sol7 Do
Sol7 Mi7 Lam
ma nella fantasia ho l'immagine sua
quanti anni avesse visto allora, di che colore i suoi capelli,
Fa
:
Fa Sol7 Do
gli eroi sono tutti giovani e belli.
Do
gli eroi sono tutti giovani e belli. gli eroi sono tutti giovani e bell
Fa Sol7 Do Fa Sol7
i.
Conosco invece l'epoca dei fatti, qual era il suo mestiere:
i primi anni del secolo, macchinista, ferroviere.
tempi in cui si cominciava la guerra santa dei pezzenti:
sembrava il treno anch'esso un mito di progresso,
lanciato sopra i continenti. (X3)

E la locomotiva sembrava fosse un mostro strano,
che l'uomo dominava con il pensiero e con la mano:
ruggendo si lasciava indietro distanze che sembravano infinite,
sembrava avesse dentro un potere tremendo,
la stessa forza della dinamite. (X3)

Ma un'altra grande forza spiegava allora le sue ali:
parole che dicevano "gli uomini sono tutti uguali",
e contro ai re e ai tiranni scoppiava nella via
la bomba proletaria, e illuminava l'aria
la fiaccola dell'anarchia. (X3)

Un treno tutti i giorni passava per la sua stazione:
un treno di lusso, lontana destinazione.
Vedeva gente riverita, pensava a quei velluti, agli ori,
pensava al magro giorno della sua gente attorno,
pensava un treno pieno di signori. (X3)

Non so che cosa accadde, perché prese la decisione.
Forse una rabbia antica, generazioni senza nome
che urlarono vendetta, gli accecarono il cuore,
dimentico pietà, scordò la sua bontà,
la bomba sua la macchina a vapore. (X3)

Re La7 Re La7
E sul binario stava la locomotiva:
Re La7
la macchina pulsante sembrava fosse
Re La7
cosa viva,
Sol La7 Re Sol La7 Re
Fa#7 Sim
mordesse la rotaia con muscoli
sembrava un giovane puledro che appena liberato il freno
Sol La7
d'acciaio,
Sol La7 Re

con forza cieca di baleno. (X3)

E un giorno come gli altri, ma forse con più rabbia in corpo,
pensò che aveva il modo di riparare a qualche torto:
salì sul mostro che dormiva, cercò di mandar via la sua paura,
e prima di pensare a quel che stava a fare,
il mostro divorava la pianura. (X3)

Correva l'altro treno ignaro, quasi senza fretta:
nessuno immaginava di andare verso la vendetta.
Ma alla stazione di Bologna arrivò la notizia in un baleno:
"Notizia di emergenza, agite con urgenza,
un pazzo si è lanciato contro il treno!" (x3)
Mib Sib7 Mib Sib7
Ma intanto corre, corre, corre la locomotiva,
Sib7
e sibila il vapore e sembra quasi cosa viva,
Mib Sib7 Mi
b Sol# Sib7 Mib
e sembra dire ai contadini curvi,
Sib7 Sol7
Sol# Sib7 Mib il fischio che si spande in aria: Sol
# Dom "Fratello non temere, che corro al mio dovere! Sol# Sib7 Mib

Trionfi la giustizia proletaria!" (x3)
     Re
E intanto corre corre corre sempre più forte,
e corre, corre, corre, corre verso la morte,
e niente ormai può trattenere
l'immensa forza distruttrice,
aspetta sol lo schianto e poi che giunga il manto
della grande consolatrice.
     Do
La storia ci racconta come finì la corsa:
la macchina deviata lungo una linea morta.
Con l'ultimo suo grido d'animale
la macchina eruttò lapilli e lava,
esplose contro il cielo, poi il fumo sparse il velo,
lo raccolsero che ancora respirava.
     Re
Ma a noi piace pensarlo ancora dietro al motore,
mentre fa correr via la macchina a vapore,
e che ci giunga un giorno
ancora la notizia
di una locomotiva come una cosa viva,
lanciata a bomba contro l'ingiustizia!

4 commenti:

Paola Tassinari ha detto...

L'incontro propiziato fra due donne della storia divisa, Gemma Calabresi, vedova del Commissario Calabresi e Licia Pinelli, veova dell'Anarchico Pinelli, è un grande segno lasciato nella storia.

Un grande segno davvero. Il segno di qualcosa che cambia.
Anche io , Piero credo che questo sia stato un grande segno, non voglio lasciarmi trascinare dal mio " dentro" così fantasioso, ma ho sentito un fremito una possibile speranza di ricostruzione di valori condivisi. Grazie a queste due donne , che tanto hanno sofferto e che ora uniscono due mondi. Grazie.

pierperrone ha detto...

Le donne, ed anche il grande vecchio Presidente Napolitano, hanno tracciato un solco profondo che accoglie semi di civile convivenza, di rispetto, di vita reale.

E' il segno che qualcosa sta cambiando.

Paola, pensa il resto del mondo sta correndo ad una velocità incredibile, vecchi nemici in guerra, stasera, non sono più ostili (IRAN e USA; è finita la triste storia della giornalista Saberi). I sindacati USA sono proprietari al 55 per cento del pacchetto Chrysler-Fiat. Un nero è Presidente USA. Si torna a dare fiducia agli scienziati ed alla ricerca. Si torna a credere nella scuola, nella cultura degli uomini, nella Ragione. Si comincia a porre mano ad un disegno di economia rispettosa dell'ambiente. Si mette un tetto (atto socialista fino a ieri) agli stipendi dei Banchieri...
Uff.. Uff... quante novità...

L'Italia sta indietro. Sta ferma.

Ma quanto potrà durare ancora questo immobilismo?

Dai, si deve trovare qualcuno che prenda per mano la povera Italia e cominci a portarla fuori dal pantano, dalle secche.
Arriverà presto, ne sono sicuro!!!

Paola Tassinari ha detto...

Sì hai ragione , i tempi stanno cambiando, e cambierà anche l' Italia. Ci sono piccoli movimenti che fanno ben sperare. Ciao.

Floriana ha detto...

Siamo già in tre a credere che la nostra Italia rinascerà, io credo prestissimo.